Baitone me amur.

La Val Brembana è stata da sempre una delle zone preferite dai nostri soci. Le sue cime, dalle più impegnative alle più rilassanti, erano mete frequenti per gite estive o invernali, ed il rifugio Calvi, quando era sul percorso, si prestava spesso per la bicchierata di saluto.
Appunto il desiderio di meglio frequentare la valle, spinse il Presidente di allora ed altri soci appassionati, alla ricerca di una base di appoggio già in quota per facilitare, come si dice adesso, la logistica.
Il primo passo fu l’ottenimento dell’utilizzo, in comune con il pastore in caso di bisogno, di metà Cabianca, una bella baitella situata nell’ampia conca posta a metà pendio, tra la diga dei Frati ed il torrente.
All’inizio i soci… quelli di una volta, dormivano sul fieno, con un foglio di plastica alle finestre al posto del vetro ed una stufetta a legna. Col tempo alcune migliorie furono realizzate: i vetri alle finestre, due letti a castello, qualche coperta, un fornello a gas, ecc.
L’acqua bisognava andare a prenderla con una tanica ed una casseruola fino ad un piccolo ruscello, oltre la baita, cinque minuti se andava bene!
Immaginatevi la scena d’inverno, partenza da Sesto-Monza al pomeriggio del sabato (solo molto più tardi, il pomeriggio del venerdì), salita da Carona ed arrivo alla baita con gli sci e le pelli di foca. Uno leva gli sci e scivola giù fino alla porta, apre… comincia a diventare buio, cerca la tanica ed il ramaiolo, li passa al socio che si sta innervosendo fuori ancora con gli sci ai piedi, per poi proseguire alla ricerca dell’acqua.
L’altro intanto accende la lampada a gas, poi torna fuori e scende, gira attorno alla baita fino ad un ripostiglio dove trova della legna… etc. etc. e magari anche etcì…
Alla fine dopo un paio d’ore, in un teporino più immaginato che reale, la pastasciutta è in tavola, i bicchieri sono pieni, le lingue si sciolgono, la stellata è ormai al top e la gita del giorno dopo è già definita e pregustata; alla sveglia ci sarà… solo da mettere gli scarponi e fare il caffè.
Mi fermo qui, ma ci vorrebbe solo un volumetto per il periodo Cabianca.
Dopo un periodo di tempo molto avventuroso, ricordato con particolare affetto dagli… ormai famosi soci di una volta, la non disponibilità ad avere la baita intera, con la possibilità di eseguirvi un minimo di lavori per ampliare e migliorare la sua ricettività ma anche con il mugugno di alcuni patiti della Cabianca, avevano spinto Presidente e consiglieri, a ricerche di altre opportunità sempre nella zona.
E così nel 1976 dopo varie esplorazioni, avvengono i primi contatti tra presidente e consiglieri del CAI Sesto con il Comune di Carona, riguardo la casera dei Dossi o casera del Ciola, di proprietà comunale ed in disuso ormai da molti anni, dopo un lungo periodo di attività come stalla stagionale che ha origine, sembra, dal 1890.
Altitudine 1704 Mt. Posizione splendida, sul lato opposto della valle e quindi solivo con vista dal monte Aga al Becco, passando per il M. Cabianca (per chi sa dove sono…).
Ideale d’estate ed anche d’inverno per le ore di sole abbondanti, un po’ meno per lo stato della neve che alla Cabianca era normalmente tipo “Canada docg”.
Nei tempi addietro la casera aveva subito un raddoppio circa del suo corpo ed un’ulteriore aggiunta di una baitella, appoggiata al suo lato, a valle.
Queste modifiche furono apportate sembra, per attività legate alla presenza di miniere soprastanti, come servizio di cucina e di occasionali pernottamenti dei minatori.
Sopra la baita sono individuate provvidenziali sorgenti d’acqua.
Altra fortuna, fu la possibilità di raggiungere le vicinanze del futuro rifugio tramite la strada che sale al rifugio Longo, che passa a circa 150 Mt. ed un po’ più in alto.
Già con in testa i primi lavori da eseguire, fu firmato il contratto di affitto decennale con inizio da gennaio 1980.
Per cominciare, nell’inverno 76-77 per le forti nevicate nella zona, la metà di baita aggiunta al corpo principale, è crollata per effetto della neve, buttando un po’ all’aria la nostra scaletta dei lavori.
Niente paura, ormai convinti anche i pochi nostalgici della Cabianca, a primavera eravamo sul posto di lavoro. Fai da te a tutti i livelli ed in tutte le specializzazioni, dal direttore progettazione e lavori, al muratore di 1ª, all’idraulico o trumbé, al maestro d’ascia, al manovale aggiunto, ma tutti con contratto indeterminato… obbligatorio.
Grazie alle robuste iniezioni di… liquido nel c.c. del CAI da parte del presidente e di altri soci, che si sono auto addebitati il costo di lavori “chiavi in mano”, ad es. pavimentazione in cotto, finto garantito del salone, oppure piastrellatura di cucina e servizi oppure ancora, fornitura del tubo speciale per collegare la sorgente alla baita etc. e poi la disponibilità e l’impegno di altri soci, in ore di lavoro, di variegata ed a volte millantata specializzazione, si è “scatenata” la ristrutturazione della casera dei dossi che era già diventata per tutti noi: il Baitone, (ol Baitù, nella lingua locale).
Fare ora una cronistoria dettagliata dei lavori effettuati, di quelli poi demoliti e di quelli modificati in questi 30 anni circa che sono trascorsi, sarebbe troppo lungo e difficoltoso e poi io penso, che entusiasmerebbe ancora, ma solamente, gli esecutori stessi dei lavori.
Procediamo comunque con una carrellata (o cariolata per entrare in sintonia) veloce per quanto possibile.
Ovviamente si è cominciato con lo sgombero delle macerie della mezza baita caduta mettendo da parte le ardesie del tetto che si erano salvate, quindi al rifacimento di una pavimentazione di partenza del locale ripulito; contemporaneamente, per la disponibilità di M.d.O., si è proceduto ad asportare lo strato di pavimentazione supplementare che si era formata negli anni nel locale piano terra adibito a stalla (bisognava stare a testa bassa per non urtare nelle travi del soffitto) ed anche qui a ripristinare una pavimentazione di partenza.
Tramite una scaletta esterna in pietra, si accedeva al piano superiore ed i lavori che si intrapresero furono l’esame dei travi ammalorati, il loro rinforzo o sostituzione.
Per le assi che formavano il pavimento, si dovette fare la sostituzione completa.
Fortunatamente, le rimpinguate casse ci permettevano di far arrivare nei pressi della baita il camion della ditta Monaci di Trabucchello con carichi di sabbia, cemento, travetti, assi etc.
Per il trasporto, dalla località “sabbia” (così fu chiamata e così si chiamerà per sempre, anche se ormai di sabbia non se ne trova un solo granello!), dove scaricavamo i carichi, alla baita, fu progettato un carrello a due stanghe, due ruote di Galletto Guzzi anche non originali, sospensione brevettata Bigarella-Gervasoni E. a trazione animale (non si potrebbe definire meglio!). Un indispensabile spezzone di corda serviva da traino supplementare nei tratti in piano e nella salitella iniziale, o da freno salvavita nei tratti in discesa, se si voleva arrivare sani e salvi e con il carico alla baita.
Reso sicuro il pavimento superiore, il locale fu attrezzato con brandine e materassi a dormitorio di fortuna e nell’altra metà, con un fornello a gas ed un tavolo con qualche sedia a sala da pranzo con angolo cottura.
Zuccate nei travi a parte, a fine lavoro un posto per mangiare e dormire c’era.
Il tetto fu un altro lavoro urgente da sistemare, revisionata la copertura in travetti ed assi, essendo le travi portanti ancora in ordine, posammo con una tecnica mista bergamasco-aostana, le grosse e pesanti ardesie recuperate, interponendo uno strato di carta catramata.
ORO!!!
A questo punto con dei serramenti parte esistenti riparati e qualche altro provvisorio, ci si poteva dedicare con più tranquillità ai lavori, che proseguirono con l’intera costruzione dei locali cucina e servizi.
Per questi locali fu realizzato un tetto spiovente in travetti di legno e un travetto particolare chiamato “cavalin“ della cui utilità bisogna chiedere ad un maestro in diverse specialità con esperienze particolari in ambiente alpino.
Alla cucina attrezzata di lavandino, piastrellamenti vari, pensili e non pensili variegati, tavolo, sedie, padellame e vasellame q.b. in buona parte portato dai soci dalle loro abitazioni, (pensiamo e speriamo come soprappiù), seguì l’allacciamento, con tubo omaggiato, della sorgente al pannello attrezzato all’ingresso della baita, che oltre mandare acqua all’interno, alimentava anche una classica “vedovella” in ghisa, dono di un pezzo grosso sempre di ghisa… del Comune di Sesto.  Chiaro?
Un socio bancario ma tubista nostalgico, ha realizzato gli impianti idraulici occorrenti in cucina e bagni, mentre un altro socio, esperto del settore caldo-freddo, si è occupato dell’impianto completo della illuminazione a gas, in salone e cucina, con materiali in omaggio.
In una giornata piovosa, tre soci, obbligati all’interno per il tempo, si imbarcarono nell’impostazione del camino nel salone e, presi da raptus, recuperando all’esterno pietre e ardesie, prima di andarsene dalla baita, realizzavano, completi di cementatura la base ed il corpo del camino e un mensolone in legno d’epoca.
In seguito un muratore patentato è stato ingaggiato, a scanso di possibili asfissie, per la costruzione della cappa, della canna fumaria e del camino sul tetto. Devo aggiungere che in 30 anni di onorato servizio, il camino non si è azzardato una volta a mandare in sala un filo di fumo, ma si è sempre impegnato al massimo a portare fuori dalla baita il caldo.
Per lavori più impegnativi, eseguito il progetto di massima in baita, nella attrezzata officina del solito maestro d’ascia a Sesto si realizzava e provava il manufatto, quindi con un compiacente socio munito di furgone vuoto… per mancanza di mele, lo si portava in baita per la messa in opera.
Sono stati realizzati così, la porta va e vieni tra cucina e sala con oblò anti scontro e la scala a chiocciola, che dopo il disegno, il modellino in filo di rame (h. 3 cm.) e grazie alla donazione dei tubi dalmine da parte della Metropolitana in costruzione al Rondò, è stata allestita, provata, smontata, portata in baita e messa in opera nella sala per collegarci con il dormitorio, ORO!
Intanto in una falegnameria nostrana in valle, venivano realizzati tavoli, panche, cassapanche, un mobile per la sala ed un armadio per le coperte nel dormitorio, oltre finestre e porte esterne; mentre per le due porte interne dei bagni erano arrivate provvidenzialmente due porte usate color panna. Uno scaffalone fu poi aggiunto per posizionare ordinatamente gli zaini.
Man mano che il baitone si arricchiva di suppellettili gli “internisti “davano il meglio, nella creazione dell’ambiente alpestre, con l’utilizzo di cotiche o coteche, (per intendersi, quelle di legno!) a “iosef”.
Questa operazione oltre che in dormitorio, in sala e nei servizi, è stata fatta con particolare cura anche sull’esterno della baita. ORO!
Col tempo, dalle stufe recuperate siamo passati alle stufe nuove, poi alle porte anti panico, ai letti a castello per 22 posti più un catafalco in legno per altri 5.
L’impianto elettrico da gas è passato a pannelli fotovoltaici con impianto interno migliorato più volte, con nuovi tipi di lampade più efficaci e con delle finezze tipo il faretto orientabile sulla carta topografica della zona, oppure i faretti sul lavandino e sul fornello a gas.
Fu rifatto il tetto, questa volta con un posatore patentato di Carona, con nuovo materiale isolante tipo Viapol, listellatura ed ardesie lavorate, di spessore uniforme, più leggere e fissate con chiodo.
Sullo slancio è stato completato anche il sottotetto, rivestito con perlinatura ed interposti pannelli di polistirolo.
Le ardesie recuperate dalla rimozione del vecchio tetto, le potete vedere, se volete, in bella vista sotto i vostri scarponi davanti alla baita.
Gli ultimi lavori realizzati sono stati, la posa di una scala di sicurezza per l’uscita dalla porta-finestra del dormitorio ed un riparo adiacente all’entrata posteriore della baita, per il riparo di escursionisti, sorpresi dal maltempo.
Altri lavori sono già in progetto e li potrete conoscere con gli aggiornamenti che saranno fatti su questo sito.
Rivolgendomi soprattutto a chi ha vissuto tutto o in parte le esperienze raccontate ed ha obiezioni da fare su omissioni o errori cronologici, mia problem, vale la solita regola: chi vuole può rifare il testo, nei canonici tre giorni.
Come da REGOLAMENTO

Sesto San Giovanni Maggio 2010
by: cz

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